La casa di un emigrato a volte e’ innaturalmente spoglia. Non nel senso di vuota, ma proprio nel senso di spoglia, nuda: tutte le cose che ci sono dentro sembrano non essersi mai integrate con i muri circostanti. In fondo riflettono quell’aria di sistemazione provvisoria di qualcuno che non si sa dove andra’, una sorta di perenne fase pre-trasloco. Cosi’ e’ anche la mia stanza da letto, spoglia. E fra le varie cose, il piu’ spoglio di tutti e’ il tavolino che ho accanto al letto. E’ pieno zeppo di libri che non faccio altro che leggere e rileggere, ma non e’ un comodino vero e proprio, solo un tavolino IKEA da 5 euro. Non e’ quasi degno della sua essenziale funzione, permettermi di tenere ad un braccio di distanza quei libri che popolano le mie sere da tempo, e farmeli trovare ogni volta che ho bisogno.
Sono uno che rilegge i libri anche decine di volte. Credo che il record sia di La Grande Fuga dell’Ottobre Rosso, di Clancy. In questo caso siamo ben oltre il centinaio. Trovo curioso questo fatto, in fondo la rilettura e’ uno degli argomenti di cui meno si parla con gli amici, su cui meno ci si confronta. Si parla sempre dei libri che si sono letti, ma quando avete sentito una frase del tipo “Ho riletto il libro…”? Eppure credo di non essere il solo a farlo. Pero’ c’e’ una cosa particolare che mi capita rileggendo i libri, e forse questo non capita a molti. Anche stasera, leggendo “Mortalita’” di Hitchens, mi e’ capitato. Alle volte, specialmente dopo la quarta o quinta rilettura, mi viene naturale associare il libro a una persona che conosco. E quando ho questo pensiero capisco di aver infranto una barriera particolare del libro, e’ come aver sbloccato il bonus level di un videogioco. Mi si fa sempre piu’ forte in testa l’idea che a Tizio o Caio piacerebbe un sacco questo libro, poi ti domandi perche’ tale libro dovrebbe essere apprezzato e da li’ si parte per la tangente. Dedicare nella tua mente un libro a una persona e’ una sorta di meta-analisi del libro: ti permette di riavvolgere il nastro dell’esperienza di lettura, di capire cosa ti ha lasciato il libro, i meccanismi che ha acceso nella tua mente. Sono questi i concetti che vengono associati alla persona, perche’ ritieni che probabilmente essa sara’ capace di avere simili esperienze leggendolo. E poi mi faccio prendere dall’impeto, dall’entusiasmo, e vorrei davvero regalare il libro alla suddetta persona.
Questo entusiasmo, pero’, si spegne sul nascere. Io sono davvero geloso dei miei libri, e difficilmente li regalo, me ne privo. Ogni tanto penso di comprarne una seconda copia, e di regalarla, ma non e’ facile – soprattutto per una persona in fuga come me, quasi sempre lontana dal destinatario teorico. Cosi’ mi ritrovo col libro in mano, e penso che sarebbe bello un mondo in cui i libri si possano sdoppiare, geminare, come i batteri blu di Esplorando Il Corpo Umano che popolano i miei ricordi di bambino. Questo desiderio, rendere un libro da unico a duale, e’ forse un riflesso, il tentativo di tenere viva e forte la sensazione del dono, di non voler uscire dal bonus level. Sarebbe un bel mondo, quello in cui ogni libro e’ doppio. Forse l’unico non troppo contento sarebbe quel tavolino spoglio, che quasi soccombe sotto il peso dei miei libri riletti.