Prodromo:
Spesso mi ritrovo ad essere completamente insofferente verso le persone che distorcono concetti fisici difficili da capire per dare un che di esotico ai loro parti mentali. Campione indiscusso in questo senso e’ il povero bistrattato entanglement, citato a sporposito da chi vuole ammantare di fondatezza e comunione con la natura concetti come la telepatia o l’intelligenza collettiva degli esseri viventi. La lista e’ ben lunga: purtroppo la lezione piu’ dura da imparare per chi ha veramente capito questi concetti e’ il limite della loro applicabilita’ dettato dalle ipotesi e dalle condizioni al contorno. A tal proposito, mi e’ venuto in mente un modo carino di presentare i miei pensieri di stasera: prendero’ due concetti esotici e dal grande contenuto romantico e li portero’ lontano dal loro range di applicabilita’ e fondatezza per metterli in contrapposizione, per il gusto di dimostrare per l’ennesima volta che tutto e’ possibile se non si sa di cosa si sta parlando. Oggi e’ il turno della teoria dei multiversi e della somma delle storie di Feynman. Abbiate il coraggio di seguirmi.
Sono piuttosto bravo nel cercare di tenere i contatti con persone un tempo vicine e che la vita sta portando su strade che pian piano divergono dalla mia. Periodicamente cerco di organizzare un aperitivo, una cena, anche solo una chiacchierata in chat, sufficiente per avere le news piu’ fresche e, piu’ essenzialmente, perche’ stavo bene quando trascorrevamo piu’ tempo insieme. Ultimamente pero’ mi capita qualcosa di particolare in testa quando ascolto le solite, ma mai uguali storie che ci si racconta in questi casi. Sostanzialmente, mi rendo conto che assomigliano sempre di piu’ a delle conclusioni, a dei punti fermi nella vita. Sono storie e vite di cui cominci a intuire la fine, quantomeno a grandi linee. C’e’ quello che e’ stato assunto a tempo indeterminato li’. Oh guarda, sai che Tizio si e’ sposato e ha messo su famiglia (magari a 10000 km da casa)? Senti di quell’altro, ha una tale tavolozza di abitudini da restarci impigliato. Allora riavvolgi il nastro, e ti dici: ma come si e’ arrivati a questo? E, in modo piu’ inquietante, ma come mai non e’ successo altro?
Cosi’, mentre le tue orecchie catturano le parole altrui e i tuoi occhi indugiano sul bicchiere vuoto, parti per la tangente. In fondo mi ricordo questa o quella persona fatta in un certo modo. Si stava bene quando si giocava, si era in classe, si usciva con gli amici. Perche’ ci si distacca, e invece magari non e’ successo qualcosa di diverso. Perche’ non siamo diventati amici per la vita, o compagni e compagne di cento altre cose, o non si sono sviluppati certi sentimenti, congelati come embrioni. Pensare alle occasioni perse non fa mai bene, quindi ho rovesciato il paradigma: non sono occasioni, sono solo percorsi. E avanti ancora coi pensieri.
C’e’ una teoria fisica, quella del multiverso, che suppone l’esistenza di un numero sconfinato di universi paralleli al nostro, figlia di quell’Interpretazione a molti mondi di quasi sessant’anni fa. Essa e’ legata al problema della misura, e dice che ogni misura di uno stato prima indeterminato divide la realta’ in vari percorsi indipendenti, in ognuno dei quali e’ avvenuto un risultato diverso della misura. E’ un po’ come quando in Ritorno al Futuro II il vecchio Biff torna indietro nel tempo e crea una nuova linea temporale dando l’almanacco al giovane Biff. Puff! Il passato che ricordi non c’e’ piu’, sono accadute altre cose. E chissa’ cosa sarebbe accaduto tra me e i miei amici, se avessimo deciso diversamente nel passato. La teoria ti da’ una speranza, dopo tutto. Magari e’ tutto vero, magari in giro, chissa’ dove! c’e’ la storia di te che hai compiuto mille altre scelte, infiniti cloni che percorrono tutti assieme contemporaneamente gli infiniti bivi della vita. Ci pensi perche’ sei curioso di sapere come sarebbe andata a finire, sicuramente in modo sostanzialmente diverso da quanto intuisci che sta accadendo qui, in questo singolo universo.
Tornando a casa, poi – l’effetto dell’alcol sui trentenni, gia’ esemplificato qui, a parer mio dovrebbe essere studiato meglio – ho pensato che il punto di partenza, il motore di tutto questo, e’ sbagliato. Io, come molti altri credo, non mi pento affatto delle scelte che ho fatto. Mi piacciono le tante cose che faccio, le persone che amo, la famiglia che ho e il futuro che mi si prospetta. E’ come se la configurazione ottima si fosse creata al netto, quasi come risultato finale di tutti quei bivi. D’un tratto tutto mi suona come gia’ pensato: e’ la somma delle storie di Feynman! Tutte quelle possibili descrizioni del tuo io sono collassate secondo un principio di minima azione. L’integrale di tutte queste sul tuo cammino ti ha portato ad essere quello che sei, inevitabilmente. La cosa bella poi e’ che non c’e’ destino o disegno intelligente, come qualcuno potrebbe credere: e’ il numero di sottogruppi di cammini che si assomigliano a generare punti stazionari e in sostanza a farteli percorrere. Questo pensiero, questa consapevolezza, mi ha fatto sorridere. Essere trentenni e’ utile perche’ e’ il primo periodo della tua vita in cui puoi vedere i punti stazionari della tua vita e di quella degli altri. Ti nasce anche una gratitudine speciale verso tutte quelle persone che ricordi e che incontri di rado, ma periodicamente. In fondo, ognuno e’ nel posto in cui e’ oggi per le scelte che anche gli altri hanno fatto e che hanno condizionato inesorabilmente la probabilita’ che certi cammini si avverino.